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Estratto di Roma, alli 3/13 d'Ottobre.
Non fu rotta la guerra contro il Serenissimo di Parma,2 perchè andorno precisi ordini di soprasedere, e s'era entrato in qualche speranza che si dessero novi termini al duca, o per gratia, o per giustitia, e fra tanto co' negotiati potesse accommodarsi la differenza. Ma ben presto tutto è sfumato, poiché Sua Beatitudine rispose ugualmente a Bichi, a Chiumazzero et al Nicolini,3 che per parte del Christianissimo, del Cattolico e del gran duca4 l'hanno supplicata di qualche dilatione e di contentarsi, che per via amichevole si5 compongano le differenze, che, se 'l duca obedirà, venendo alla demolitione et al dar licenza alli soldati, presterà da poi orecchio a qual si voglia trattatione. Ma senza questa sodisfattione non vuol udire cosa alcuna.
In Ferrara et in Bologna sono uscite dichiarationi, che 'l duca di Parma sia incorso nella scommunica e nell'altre pene contenute nel primo monitorio6 e viene citato a comparire personalmente in termine di 18 giorni; altrimente si fulminerà la scommunica, in forma consueta. E si verrà alla sentenza della privatione del ducato di Castro, che sarà in poter degli ecclesiastici, detratta la città ch'è fortissima. Che 'l duca sia per disarmare e per demolire le fortificationi già perfettionate ad effetto di humiliarsi a Nostro Signore e per dar luogo alle trattationi della sua rapacificatione, non c'è chi lo creda, poscia che tiene di poter far le sopradette cose in virtù de' suoi privilegii, senza cader in pena alcuna.
Il signor Burlamachi7 è stato a licentiarsi da Nostro Signore per ritornarsene alla sua ambasceria di Fiorenza. Questi signori Barbarini han fatto sapere al vescovo di Lamego,8 che, quanto al portar li fiochi et all'uscire per Roma come ambasciatore, non gli faranno oppositione alcuna, ma che non voglino entrare ne' contrasti che li possono succedere con li Spagnuoli.